Lo studio spagnolo EMBT firma il progetto per questo tempio in Italia che cerca di tradurre in architettura le nuove forme della liturgia.
A dieci anni dal suo concepimento ad Arginone, alle porte di Ferrara, si apre finalmente il grande portone ligneo della chiesa di San Giacomo e alle sue spalle scopriamo l’aula liturgica, il complesso parrocchiale e lo spazio verde in cui le architetture hanno progettato di Benedetta Tagliabue vengono inseriti lo studio EMBT. Era proprio nel 2011 quando, partecipando ad un concorso indetto dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) per la progettazione di tre complessi parrocchiali nel nord, centro e sud della penisola italiana, lo studio spagnolo fu incaricato dalla chiesa di Ferrara, condividendo la vittoria del concorso insieme a Francesca Leto e Mario Cucinella, progettisti rispettivamente della chiesa di Sant’Ignazio da Laconi ad Olbia e di quella di Santa Maria Goretti a Mormanno.
Lanciato nel 1988 in occasione del Giubileo del 2000, questo progetto pilota promosso dalla CEI è uno degli eventi architettonici più interessanti degli ultimi anni in Italia. Questo perché, evitando accuratamente i cliché del formalismo e senza snaturare l’identità dei luoghi, gli architetti hanno avuto modo di tradurre in architettura tutte le prescrizioni relative alla liturgia postconciliare. Per la chiesa di San Giacomo a Ferrara è stato accuratamente declinato il riconoscimento dell’istituzione per inserirla nella cultura odierna, con un progetto che, come racconta la stessa Benedetta Tagliabue, mirava a costruire “una chiesa contemporanea, ricca di forza e di simbolismo, sorprendente e accogliente allo stesso tempo».

Oggi, finalmente edificata, poco distante dal canale Burana, la striscia d’acqua che bagna il rione arginone, la chiesa di San Giacomo è caratterizzata da un tetto “leggero e sospeso”, secondo lo studio, la cui silhouette ondulata ricorda le forme di una mongolfiera. L’ispirazione – racconta l’architetto Tagliabue, fondatore dello studio insieme a Eric Miralles – è nata durante un sopralluogo di costruzione, quando “abbiamo visto il cielo di Ferrara pieno di mongolfiere in occasione del festival internazionale”. Da questa immagine è nata una «Chiesa leggera e accogliente, che viene dal cielo e si trova là dove la comunità cristiana ha più bisogno».

Non è un caso che EMBT abbia scelto questa copertura come elemento più caratteristico dell’edificio, al posto della tradizionale planimetria, rifacendosi con la sua forma a quell’idea di riparo e protezione e al suo archetipo per eccellenza, la capanna. Quello della chiesa di San Giacomo Apostolo è solo l’ultimo dei sorprendenti soffitti che caratterizzano i progetti di Benedetta Tagliabue, una tradizione consolidata che ha origine nel soffitto del mercato di Santa Carina, divenuto tappa obbligata per chiunque visitare Barcellona. Nel caso della chiesa di Ferrara, a sostegno del tetto, è stato realizzato un muro continuo e solido di mattoni, lavorato ad hoc per avere una superficie appuntita che ricorda lo storico Palazzo dei Diamanti, uno degli edifici più emblematici di Ferrara, situato nel centro della città.

Varcando la soglia con l’imponente portale ligneo, l’interno della chiesa appare volutamente spoglio, lasciando il ruolo principale all’altare e alle iconografie create per l’occasione. Infatti, in contrasto con i caldi mattoni dell’esterno, l’ambiente interno è scandito da blocchi di cemento grezzo in cui si possono ancora leggere le tracce lasciate dal cassero. Un uso intelligente di questo materiale, che rimanda alle opere di Le Corbusier e del più contemporaneo Tadao Ando, la cui apparente freddezza è attutita dai mobili in legno di stili diversi e dalle forme sinuose che riproducono quelle dell’involucro esterno di Chiesa. Intorno all’altare, costruito in pietra bianca di Trani e anch’esso lasciato quasi grezzo, sono disposti i diversi ambienti, quello dei fedeli, il battistero e la cappella per i giorni feriali, che custodisce il Santissimo Sacramento.

Se nella parte superiore la sala è illuminata dal lucernario e definita da una monumentale croce di travi lignee recuperata dal vecchio edificio comunale di Ferrara, alle pareti domina il corpus iconografico realizzato dall’artista Enzo Cucchi. Aiutato da don Roberto Tagliaferri per l’interpretazione liturgica, l’artista, uno dei padri della Transavanguardia e al quale è stata dedicata una retrospettiva al MoMA di New York, ha realizzato grandi croci in pietra serena.
