Origine e curiosità di una salsa che nasce in Mesoamerica come un piatto divino.
In tacos, hamburger, quesadillas, tostadas, con nachos o anche per stufati e roast beef. Il guacamole è diventato una delle salse più amate con molteplici opzioni oltre alla cucina tex-mex. Frutto, si crede, di una leggenda, il guacamole ha una storia inedita: il suo alimento principale sembra essere un miracolo dell’evoluzione, la sua ricetta potrebbe avere origine negli dei e la sua trasformazione inizia con la conquista spagnola dell’America e continua oggi giorno. In fatto di probabilità, il guacamole è praticamente un miracolo, ed è tutto dovuto al suo ingrediente principale: l’avocado. Circa 13.000 anni fa, i grandi mammiferi del pianeta iniziarono a estinguersi, e con essi, il consumo di avocado e la conseguente deposizione del seme. Cioè, con loro dovrebbe essere scomparso anche questo frutto, che è noto come anacronismo evolutivo.
Ad oggi, non si sa come l’avocado sia riuscito a sopravvivere, ma si ritiene che i primi coloni d’America, in particolare dal Messico orientale e centrale e dal Guatemala, siano stati quelli che hanno salvato l’avocado dalla scomparsa. Attualmente esistono 20 specie di questo alimento il cui nome deriva dal termine nahuatl ahuacatl, che significa “testicoli d’albero“, un curioso paragone con l’organo maschile per la sua forma, fatto che vietava alle donne di raccoglierlo e mangiarlo.

Questa concezione erotica impediva, come potrebbe essere altrimenti, che le donne potessero preparare, all’inizio della civiltà azteca, il famoso guacamole. Secondo un mito che compare nel suo testo “La leggenda dei soli“, fu il dio Quetzalcoatl, in visita sulla Terra, a dare agli abitanti della Mesoamerica la ricetta di questo piatto, da dove si diffuse nel mondo. Guacamole, dal nahuatl ahuacamolli, corrispondeva alla somma delle parole ahuacatl e molli, che significa salsa o talpa.
La conquista spagnola
Quando Cristoforo Colombo scoprì l’America nel 1492, colonizzò le civiltà mesoamericane dove da molti anni consumavano il guacamole secondo la loro ricetta, ovvero: guacamole, pomodoro e peperoncino, anche se quest’ultimo ingrediente non si sa esattamente a che punto sia stato aggiunto alla preparazione. Più tardi, quando Hernán Cortés fece la sua apparizione nelle terre messicane, scoprì il preparato e decise di presentarlo al suo re, Carlo I di Spagna. Da allora, quel piatto esotico iniziò a chiamarsi “oro verde”.
Come previsto, gli spagnoli vollero adattare il guacamole al loro gusto, introducendo cibi a cui il loro palato era più abituato, come cipolla, aglio, sale e limone, oltre a spezie ed erbe aromatiche, come pepe e coriandolo. Sono passati circa tre secoli quando il guacamole è arrivato nelle cucine americane, poiché fino ad allora l’importazione di avocado era vietata a causa di una diffusa peste che poteva mettere in pericolo l’agricoltura di altri paesi.
Ma il mondo non si sarebbe arreso così facilmente e l’avocado e il guacamole sono riusciti ad abbattere i confini e ad ampliare i loro orizzonti, sia geografici che culinari, poiché la ricetta è cambiata, è stata modificata, capovolta e si è evoluta ovunque approdasse, cioè perchè oggi ci sono tante ricette scritte, e ancora da scrivere, per il guacamole.
Nella cucina messicana, il guacamole è conservato nella sua linea, di cui due tipi sono i più conosciuti: quello completamente macinato, noto come aguamole, che accompagnerà la cucina tipica nelle strade e nelle bancarelle locali, e un altro in cui l’avocado non è schiacciato completamente, ma lasciato a pezzi, ed è riservato alle occasioni più speciali, in cui la carne è solitamente la regina della tavola insieme a tortillas e tacos.